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La leggenda del Popolo Libero



Prefazione  
Tashunka Witko


Con il termine tradizióne (dal latino traditiònem deriv. da tràdere = consegnare, trasmettere) si intende la trasmissione di eventi sociali o storici, di usanze, di ritualità religiose, di costumanze, e di leggende, passate di età in età e di persona in persona. Nel significato moderno la tradizione è intesa come "consuetudine" pertinente a una comunità più o meno ristretta, legata da vincolo territoriale o associativo. La tradizione pertanto è l'insieme degli usi e dei costumi e dei valori collegati che ogni generazione dopo aver appreso, conservato, modificato dalla precedente, trasmette alle generazioni successive. La tradizione è particolarmente sentita perche’, attraverso di essa, si tende spesso a caratterizzare la propria identità. Nell’ambito dello scoutismo e di conseguenza nella nostra Associazione , la tradizione, assume rilevante importanza: non poche infatti sono le tradizioni che si tramandano nei vari gruppi.
Nel linguaggio di tutti i giorni, tradizione indica una consuetudine di comportamenti o di credenze che si tramanda nel tempo, come quando affermiamo che alcune feste o determinati usi hanno una tradizione secolare.
Ma anche ciascuno di noi può avere le proprie tradizioni personali, talvolta semplici abitudini che durano da molto tempo, come quella di festeggiare il compleanno.
Insomma, le tradizioni, perfino quelle familiari, costituiscono quasi una via tracciata dalle generazioni passate, lungo la quale il cammino della vita può essere più agevole.
Eppure, in una società in continuo cambiamento come la nostra, in cui il conflitto fra vecchio e nuovo si ripropone quotidianamente, il rischio di un atteggiamento troppo tradizionalistico è quello di diventare passatista o retrivo.
E’ invece importante saper cogliere quanto di buono e vitale ci ha trasmesso l’esperienza di coloro che ci hanno preceduto, nella consapevolezza che anche il nostro patrimonio di vita possa trasmettersi alle future generazioni.

Questo mio desiderio, quindi, di voler comunicare e soprattutto estendere la conoscenza di alcune tradizioni, tra le quali il rituale previsto in occasione della “Totemizzazione”(si tratta di una attività da svolgere al campo estivo scout la quale è ambientata secondo la cultura degli indiani d’America) che resta la più importante cerimonia del grande “Popolo Libero”, nasce da alcune considerazioni personali e da alcuni elementi essenziali:
per la necessità, sicuramente, di tramandare nelle tradizioni del ns. gruppo ed in particolare del reparto, il corretto svolgimento di tale cerimonia;
il significato autentico che la stessa assume ed il perché di tale tradizione che ci lega alla storia dei “Nativi d’America”.
Lasciare una traccia indelebile dell’operato di quanti hanno creduto, credono e continueranno a credere, in quei momenti affascinanti, colmi di memoria e soprattutto di ricordi, che in un certo senso, vanno ad arricchire il personale bagaglio esperenziale.
Fare in modo che con il passar del tempo sia fortemente presente nella storia del gruppo, nei cuori di quanti ne hanno fatto parte e che hanno “giocato” per mezzo dello scoutismo, gli usi,costumi e le tradizioni dell’uomo rosso, del Pellerossa; …..lo spirito benevolo di un capo tribù… impersonato per l’occasione e che tanto credeva nei valori dell’amicizia …….. e altrettanto ..tanto ma veramente tanto, viveva con ideali di libertà che fin da piccolo lupetto,,,,aveva caratterizzato, prevalentemente, il proprio cammino associativo.
Non riesco a tutt’oggi a comprenderne il perché, ma di una cosa sono assolutamente certo:
sono fiero di aver interiorizzato i valori e la saggezza di uno dei più mitici e affascinanti personaggi della cultura indiana_ Cavallo Pazzo…. Ricordo ancora… in una notte di mezza estate, sotto un cielo trapuntato da migliaia di stelle ed intorno ad un grande falò le cui fiamme emanavo un forte e rassicurante calore, il mio primo salto…. e l’eco di quella notte misteriosa che scandiva ripetutamente il mio totem….. all’improvviso una leggera brezza. Una soffice carezza provocata da una calda folata di vento, invase il ns. accampamento…le fiamme si liberarono più in alto per poi riunirsi nuovamente….i visi di tutti divennero espressione di meraviglia, per un attimo increduli ed un brivido pervase i nostri corpi, dalla testa in giù.
E fu allora che tutti all’unisono cominciarono a battere i piedi al suolo ed unico fu il loro grido: honga tonga… Crazy horse…. honga tonga… Crazy horse..
Come potrei mai dimenticare….da quel momento per il mio reparto fui considerato in termini di rituali indiani ..l’uomo sacro della tribù…lo spirito dell’aquila, ovvero l’uccello di tuono. Ancora oggi sento dentro di me ..il peso riconoscente.. di tutto questo ed è proprio per questo, spinto dalle esperienze vissute in tutti questi anni nei quali mai e poi mai ho minimamente pensato di abbandonare il lungo sentiero rosso, che ogni anno,la settima notte di campo….durante il rituale della totemizzazione (attività in cui i ragazzi e la ragazze del reparto assumono un nome-totem che caratterizza aspetti del proprio carattere) lo spirito dell’aquila, per rimanere in termini di simbologia, reca un messaggio di fratellanza, amore e disponibilità verso gli altri. Un dono, libero da pregiudizi da offrire a tutti coloro che in quella stessa notte magica, si accingono, superando i propri timori, a saltare quel fuoco scandendo a voce alta il proprio nome totem.

Ed è proprio quel salto che simboleggia la forza e il coraggio, l’abilità e la saggezza che sono i quattro punti fondamentali per tutti i valorosi guerrieri della grande tribù del Popolo Libero: accompagnare i ragazzi e le ragazze nella scoperta delle proprie doti, nella costante ricerca di valori per dare senso alla propria vita anche se adolescenziale, consentono di far scoprire agli stessi quanto importante sia il messaggio dello scautismo e i relativi insegnamenti di B.P.

                                      

Bella storia,,vero?
Mi rendo perfettamente conto che a qualcuno potrebbe sembrare tutto particolarmente esagerato… ma non importa: ognuno deve credere nei propri ricordi e personalmente, ci credo ancora….
Non vorrei impressionarvi più di tanto, ma nel corso degli anni, in quella mistica notte, tanti altri sono stati i “segni” a testimonianza quasi di voler rafforzare, il significato di tale cerimonia. Quante le testimonianze….quante le sensazioni, le storie raccontate intorno ad un fuoco di bivacco con il cuore colmo di gioia e di quella naturale fierezza per il solo fatto che si potesse dire: si ricordo…io c’ero….

Tutto questo, per rendere plausibile e per spiegare il perché di una tradizione così particolare che mi accompagna e che ho sempre voluto donare …lì dove ho posato il mio zaino. Con il passar del tempo e soprattutto dopo aver effettuato ricerche più accurate sulla vita del Capo Indiano di cui porto il totem, ho reso questa cerimonia quanto più vicina alla realtà, cercando di non cadere in una esagerata forma di protagonismo collettivo e restando quanto più possibile in linea con gli orientamenti associativi e su obiettivi specifici che l’attività stessa doveva produrre. Un grande gioco…notturno, .in effetti, basato opportunamente su una storia vera, la storia della grande nazione Sioux-Lakota, tribù degli Oglala e del suo condottiero Crazy Horse (Tashunka Witko in lingua indiana Lakota).

                                                                                                                                                            

Ora un breve commento su Cavallo Pazzo e la sua tribù Oglala a cui si ispira tutto il cerimoniale del Popolo Libero.

                                      

                                                                    Cavallo Pazzo

                                      « Non si vende la terra sulla quale la gente cammina »

                                        Fonte: wikipedia

Cavallo Pazzo, in inglese Crazy Horse, in lingua lakota Tashunka Uitko o Tashunka Witko a seconda delle traslitterazioni (data di nascita sconosciuta, probabilmente nei primi anni 1840 - Fort Robinson, 5 settembre 1877), era un nativo americano della tribù degli Oglala Lakota (Sioux).
Tecnicamente, in lingua lakota, Crazy Horse, è Tašunka Witko.
Ormai è di abitudine, anche negli Stati Uniti, chiamare il condottiero Oglala Tašunka Witko, erroneamente però, giacché la versione corretta è Tašunka Witko, dove il ta- iniziale di Tašunka rappresenta il pronome possessivo "suo" e di conseguenza la traduzione del nome è: "Il suo cavallo è pazzo".


Negli anni giovanili era conosciuto anche come riccetto o ricciuto a causa dei capelli particolarmente ricci e di colore castano chiaro (cosa rarissima tra i nativi americani).
Personaggio leggendario cui sono attribuite imprese memorabili e fantastiche, come quella che lo voleva invulnerabile ai proiettili o che narrava che il suo spirito aleggiasse ancora tra le tribù dei pellerossa
Il padre nostro di Cavallo Pazzo:

                                                                    "Padre nostro
                                                                   Che sei in cielo
                                                      Creatore della terra e dell'acqua
                                                    Di tutte le creature grandi e piccole
                                                                  Dona al tuo figlio
                                                       La forza, il coraggio e la fede
                                                           Per difendere e servire
                                                                   Il tuo popolo."



"Lungo il cammino delle vostra vita fate in modo di non privare gli altri della felicità. Evitate di dare dispiaceri ai vostri simili ma, al contrario, vedete di procurare loro gioia ogni volta che potete!"
(Proverbio Sioux)

                                    

BiografiaNato nelle Black Hills (Paha Sapa in lingua lakota), presumibilmente intorno a metà anni '40, si salvò dalla distruzione del proprio villaggio ad opera dei soldati federali. Probabilmente a causa di questo trauma, da adulto, giunto alla guida dei Sioux Oglala, fu molto attivo nella resistenza allo sterminio dei nativi d'America da parte dei soldati federali statunitensi.

Cavallo Pazzo guidò, assieme a Toro Seduto, i 1.200 guerrieri che nella battaglia di Little Bighorn, il 25 giugno 1876, massacrarono i 250 cavalleggeri dell'esercito USA, guidati dal Ten. Col. George A. Custer, riportando pochissime perdite.

Il successo indiano fu però di breve durata: i federali si ripresero subito dal colpo e nello stesso anno registrarono importanti successi.
Il 6 maggio 1877 Cavallo Pazzo alla testa di 900 Oglala stremati dalla fame e dalla fuga, si consegnò al tenente Philo Clark comandante di Fort Robinson.
Morì poco prima della mezzanotte del 5 settembre 1877, ferito a morte con una baionetta, alla presumibile età di trentasette anni.
L'intera vita di Cavallo Pazzo acquistò presto contorni mitici.
Sulla sua morte ci sono diverse versioni: alcune fonti indicano che sarebbe stato ucciso dalla baionetta di un soldato dopo essersi arreso con la sua tribù, altre fonti ancora narrano che Cavallo Pazzo, nel mese di settembre del 1877, avrebbe lasciato la riserva senza autorizzazione per accompagnare sua moglie malata dai genitori e il Generale George Crook, temendo che tentasse un ritorno alla battaglia, ne avrebbe ordinato l'arresto.
Cavallo Pazzo inizialmente non avrebbe opposto resistenza ma, resosi conto che lo stavano conducendo ad una prigione, avrebbe cominciato a lottare con le guardie: mentre veniva trattenuto da un uomo della polizia indiana che lo scortava, Piccolo Grande Uomo (suo vecchio amico), un soldato semplice di nome William Gentiles lo avrebbe colpito alla schiena con una baionetta, ferendolo a morte.

A Cavallo Pazzo è dedicato il Crazy Horse memorial, in costruzione in South Dakota

Hoka Hey!
Il grido di guerra di Cavallo pazzo era Hoka Hey! È un buon giorno per morire!, che suona come Andiamo uomini. È un buon giorno per morire!.

A causa di ciò il motto Hoka Hey viene utilizzato, impropriamente, come se fosse la traduzione della seconda parte della frase ad esempio dagli appartenenti all'esercito americano.
Il motto è stato in seguito utilizzato in Star Trek come proverbio Klingon, acquisendo notorietà, ed è in seguito comparso in diversi film tra cui Linea mortale con Kevin Bacon e in Piccolo grande uomo con Dustin Hoffman.
Inoltre, viene usato come citazione in diversi videogiochi relativi al mondo di Star Trek e di Starcraft.
Il motto "Hoka Hey!" è utilizzato anche dal cantante comasco Davide Van De Sfroos come titolo di una sua canzone, che parla del massacro di Sioux nel famoso eccidio di Wounded Knee.

                         SIOUX-LAKOTA-TRIBU' OGLALA

Gli Oglala sono una delle sette tribù dei nativi americani Teton Lakota meridionali, originariamente insediatasi nelle Grandi Pianure, i cui discendenti tuttora vivono in alcune riserve indiane. Il nome O-ma-glala significa "coloro che si disperdono".Storia
Provenienti dalle pianure boscose del Minnesota nel XVI secolo, successivamente si spostarono gradualmente verso ovest, per finire ad abitare nelle regioni tra il Montana e il confine sud del Canada, dagli inizi del XIX secolo. Questo territorio era spesso conteso ai Crow, popolazione nativa americana che si era stanziata nelle vicine regioni del nord-ovest.

I conflitti tra gli Oglala e il governo statunitense iniziarono ad accendersi a partire dalla metà dell'Ottocento, con l'apertura da parte degli Stati Uniti del "sentiero di Bozeman", che attraversava il territorio lakota e faceva fuggire i bisonti, fonte essenziale di cibo e vestiario nella vita dei nativi nordamericani.

A partire dalla fine degli anni sessanta dell'Ottocento, e comunque dopo la guerra di secessione americana, il governo di Washington ebbe a disposizione un maggior numero di uomini da inviare nel "lontano Ovest", aumentando le dimensioni del conflitto con i nativi. Le battaglie tra i due schieramenti erano necessariamente un "tocca e fuggi" da parte dei primi, che per inferiorità numerica e tecnologica, non avevano speranze di vittoria in campo aperto.

Proprio in questi anni di guerre emerge una figura leggendaria tra i nativi: Cavallo Pazzo (Tashunka Witko), guerriero carismatico ed umile cui gli Oglala portavano grande rispetto. L'apice del conflitto tra la popolazione dei nativi nord-americani e l'esercito americano venne raggiunto nella metà degli anni settanta, e in particolar modo nel 1876, con la battaglia del Little Bighorn, in cui il 7º Cavalleggeri venne sconfitto da 2500-3000 guerrieri Lakota, Cheyenne e Arapaho. In questa battaglia trovò la morte George Armstrong Custer, Tenente Generale che aveva il comando della forza di cavalleria che aveva l'obiettivo di eliminare i nativi ostili.

Dopo la battaglia del Little Bighorn, il 25 giugno 1876, le difficoltà di resistere allo stile di vita nomade si fecero maggiori, a causa di un inverno particolarmente freddo e delle continue incursioni delle giubbe blu, il cui numero era sempre maggiore, a causa della volontà del presidente Ulysses S. Grant di porre fine alla guerriglia dei nativi una volta per tutte. Infine il tradimento di Piccolo Grande Uomo mise fine al sogno oglala di tornare alla vita libera e scappare dalle riserve: Piccolo Grande Uomo, il migliore amico di Cavallo Pazzo, abbandonò la resistenza oglala per arruolarsi tra le giubbe blu, dove ai nativi venivano offerte le comodità tipiche della vita sedentaria, in cambio della fedeltà al governo di Washington.

Il 5 settembre Cavallo Pazzo decise di arrendersi, e con la sua gente andò a Fort Robinson, Nebraska. Mentre veniva condotto in cella, ebbe un moto di ribellione e cercò di divincolarsi dalla presa dei soldati. Piccolo Grande Uomo lo trattenne per le braccia ed un altro soldato lo trafisse con la baionetta.

Con la morte di Cavallo Pazzo si conclude la resistenza oglala al governo americano, ed ancora oggi gli Oglala vivono nelle riserve assegnate loro dal governo statunitense (come ad esempio la riserva indiana di Pine Ridge).

                                              CERIMONIALE



Continua…………..a breve




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